Guerra e pace by Lev Tolstoj

Guerra e pace by Lev Tolstoj

autore:Lev Tolstoj [Tolstoj, Lev]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788860735157
Google: ZIPmR7jG8dUC
editore: Baldini Castoldi Dalai Edito
pubblicato: 2009-12-15T13:37:22+00:00


Rostov si buttò il mantello sulle spalle, gridò a Lavruška di seguirlo con le sue cose e s’incamminò con Il’in, ora saltando qua e là nella mota, ora sguazzandoci dentro sotto la pioggia che si andava calmando, nell’oscurità della sera, rotta a tratti da un bagliore di lampi lontani.

«Rostov,

dove

sei?»

«Sono qua! Che lampo!» commentavano tra loro di tanto in tanto.

XIII

Nella bettola abbandonata, davanti alla quale sostava la kibitka del medico, c’erano già cinque ufficiali. Mar’ja Genrichovna, una giovane tedesca bionda e prosperosa, sedeva in camicetta e cuffia da notte su una larga panca nell’angolo più confortevole del locale. Dietro di lei suo marito dormiva. Rostov e Il’in entrarono nella stanza accolti da esclamazioni gioiose e da risate.

«Ehi! Che allegria qui!» esclamò ridendo Rostov.

«E voi cos’avete fatto, finora?»

«Belli! Grondate acqua da ogni parte! Attenti a non bagnare il nostro salotto!»

«E a non sporcare il vestito di Mar’ja Genrichovna!» fecero eco altre voci.

Rostov e Il’in andarono in cerca di un cantuccio ove cambiarsi i vestiti fradici senza offendere il pudore di Mar’ja Genrichovna. Fecero per portarsi dietro un tramezzo e ivi rivestirsi: ma in quel minuscolo sgabuzzino erano già stipati tre ufficiali che giocavano a carte alla luce di una candela posata sopra una cassa vuota, e che non vollero cedere il posto a nessun costo. Allora Mar’ja Genrichovna prestò per un momento una delle sue gonne perché la usassero come tenda, e dietro questa tenda Rostov e Il’in si tolsero gli indumenti bagnati e se ne misero di asciutti con l’aiuto di Lavruška che aveva portato i fagotti.

Nella vecchia stufa malandata avevano acceso il fuoco. Avevano trovata un’asse, e dopo averla sistemata su due selle, ci avevano steso sopra una gualdrappa; avevano preso un piccolo samovar, una dispensina portatile e mezza bottiglia di rhum: poi, pregata Mar’ja Genrichovna di fare da padrona di casa, tutti si erano radunati intorno a lei. Chi le offriva un fazzoletto pulito per asciugarsi le belle manine, chi le stendeva sotto i piedini la mantellina da ussaro perché non sentisse l’umidità, chi appendeva il mantello alla finestra perché non filtrasse l’aria, chi scacciava le mosche dalla faccia del marito affinché non si svegliasse.

«Lasciatelo in pace,» diceva Mar’ja Genrichovna, sorridendo timida e felice, «dorme bene lo stesso: la scorsa notte non ha chiuso occhio.»

«Non si può, Mar’ja Genrichovna,» rispose un ufficiale, «bisogna esser cortesi, col nostro dottore. Tutto può succedere: chissà che anche lui non sia caritatevole con me quando mi dovrà tagliare una gamba o un braccio!»

I bicchieri erano solo tre; l’acqua era così torbida che non si riusciva a capire se il tè fosse forte o meno, e il samovar conteneva acqua bastante solo per sei bicchieri di bevanda: ma era tanto più piacevole ricevere a turno, e a seconda dell’anzianità, il proprio bicchiere dalle manine soffici, con le unghie corte e non del tutto pulite, di Mar’ja Genrichovna. Si sarebbe detto che quella sera tutti gli ufficiali fossero innamorati di lei.

Persino gli ufficiali che giocavano a carte dietro il tramezzo ben presto abbandonarono il gioco e si accostarono al samovar, unendosi agli altri corteggiatori di Mar’ja Genrichovna.



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